venerdì 24 gennaio 2014

Prenditi cura di me - Francesco Recami

Sinonimi dell’espressione “prendersi cura di”:
amministrare, governare, mantenere, custodire || Altri termini correlati: dirigere, guidare, occuparsi di, reggere, sovrintendere, stare al timone di, tenere in mano, accudire, aver cura di, avere le redini di, badare a, curare, essere responsabile di, provvedere a, sovrintendere a, tenere in pugno, tirare i fili di, far crescere, tirar su. (cit.)

Nei sinonimi dell’espressione, i protagonisti del libro si  prendono cura di qualcuno:  la Marta di suo figlio Stefano, quarantenne con poca arte e anche poca parte;  Stefano  di sua madre colta da ictus;  la badante filippina  della signora Marta.
Pensavo che il prendersi cura avesse un risvolto affettivo più marcato, pensavo che  sottintendesse un moto di premure,  di tenerezza, di affetti.
Mi sbagliavo.

La vita dei protagonisti del romanzo  (solo la loro?) è così :
Erano giorni novembrini e umidi, cadeva una pioggia fine che lucidava il manto asfaltato, se si può chiamare manto una superficie irregolare, piena di toppe a rilievo che tappano le buche, un continuo rammendo, e il rammendo del rammendo, o le toppe delle toppe, esteso a principio.

mercoledì 8 gennaio 2014

L'eroe discreto - Mario Vargas LLosa

Se Varguito avesse scritto solo romanzi come Le avventure di una ragazza cattiva o L’eroe discreto prima del Nobel, col cavolo che glielo avrebbero dato, o quanto meno  avrebbero dovuto modificare di sana pianta le motivazioni, che "la sua cartografia delle strutture del potere e la sua tagliente immagine della rivolta, della resistenza e della sconfitta dell'individuo" ("La guerra della fine del mondo" da solo vale tutta la motivazione), ci appizzano come cavoli a merenda, in libri di siffatta stoffa. 
Una buona stoffa, naturalmente, perché Llosa è un narratore accattivante, e L’eroe discreto, due romanzi in uno, due storie che si alternano in modo indipendente e poi voilà, secondo i più puri canoni del romanzesco si intersecano nel finale, è un libro tutto sommato godibile. 
E’ la questione delle strutture del potere ad essere totalmente assente. 
Sempre di sconfitte e di rivolte si narra, ma queste sono confinate nella dimensione intima, privata, sul piano che definirei “sicumera degli affetti”.
Dunque il vero nodo del romanzo è nelle dinamiche familiari o meglio ancora generazionali e affettive (o anaffettive, che si può scegliere una vita a patella accanto ad un uomo per “espiare” le colpe, anche), ma il modo in cui vengono “risolte” o “esplicitate” resta confinato in una dimensione patinata , e fatti i debiti distinguo in ordine alla qualità, oserei dire da telenovelas, con le iterazioni e ripetizioni tipiche della sceneggiatura del genere (mi ami pablo?dimmi che mi ami pablo. Mi hai detto che mi ami pablo? Allora mi ami pablo).

L’eroe discreto è Felicito, proprietario di una ditta di trasporti, un uomo comune, insignificante anche nell’aspetto, minutino minutino, che fa ferro e fuoco pur di non pagare il pizzo che gli viene richiesto attraverso delle lettere firmate con un ragnetto. 
La mafia? Un’entità mostruosa e sfuggevole, che si infiltra in tutti gli strati della società corrodendola, piagandola, o qualcosa di molto meno distante, che distrugge le sicurezze di una vita intera (o dà forza ai moti oscuri del cuore), e che per questo ferisce ancora di più?
Felicito viene definito nel romanzo un uomo “etico”. 
Non so quanto possa essere “etico” o “eroico”, seppure discreto, un uomo come Felicito. 
A me è sembrato ottuso e meschino - vivere anni e anni con il dubbio che, senza mai parola proferire, tollerare una “buona moglie” che spende e consuma poco e che è poco più di un’ombra – ma alla fine, nonostante il moto di rivolta, Felicito resta quello che è sempre stato, anche se una "brava persona", un uomo piccolo piccolo, soprattutto nel considerare le ragioni del “sangue del proprio sangue” prevalenti su qualunque altra considerazione.

Nell’altra storia, il protagonista è Rigoberto ( quello de "L’elogio della matrigna" e dei quaderni), osservatore e testimone di un’ulteriore vicenda che determinerà lo snodo in cui convergeranno le narrazioni alternate. 
Mi ha fatto impressione ritrovare Rigoberto, la sua consorte Lucrecia e giovincello Fonchito , rappresentati come la famigliola mulino bianco, turbata stavolta non da pruriginosità ma dall’inquietante figura di Edilberto Torres. 
Tuttavia ogni tanto guizzano nel testo frasi che riportano alla memoria tutt’altre storie: 
"- Ecco che spunta fuori il prete, Pepìn, - si indignò Rigoberto. – Vuoi dire che mio figlio potrebbe essere un angelo? 
- Un angelo senza ali, però, - rideva Lucrecia, con autentica allegria e gli occhi accesi di malizia."

Non sono soli don Rigoberto & family a fare revival , anche Lituma, il Lituma degli invincibili e de "La Casa Verde", ha una parte nel romanzo. 
Mi sono chiesta il motivo di questi ritorni, ma la risposta che mi sono data di sicuro non piacerebbe a Vargas LLosa. 
Vabbuò, vedremo nel sequel, che le premesse per ulteriori sviluppi ci sono tutte.

giovedì 2 gennaio 2014

Meridiano di sangue - Cormac McCarthy

Le storie western sono  le storie della frontiera. 
I pionieri della frontiera portavano la “civiltà” nelle terre dell’ovest.
Ma non c’è nessuna “civiltà” in Meridiano di sangue, solo la danza macabra della morte. 
Villaggi e paesi in rovine, carri bruciati, cadaveri di pionieri e di indiani e di messicani e di soldati e di pellegrini massacrati, sangue  fresco, raggrumito, colante, sangue che tinge i ruscelli e intride le pietre, sangue e sputi. 
Uomini in cerca di altri uomini, di scalpi e di ossa;  uomini in cerca di oro, di un passaggio per un mondo diverso;  la frontiera è una terra dove i lampi rendono elettrica l’aria, il sole brucianti le rocce, dove  l’acqua si nasconde  in pozze profonde o sgorga da  ruscelli tra gole tortuose e ripide. 

Il ragazzo la cui madre è morta nel darlo alla vita,  che non sa leggere né scrivere, nonostante suo padre fosse un tempo un maestro, comincia il viaggio. 
Dal Tennessee, che lascia a 14 anni, fino alla California, e indietro, nel cuore duro dell’America del confine, il Texas, e diventa uomo.
Un viaggio che durerà  30 anni, dal 1858 al 1878.
E’ all’inizio del suo viaggio che incontra per la prima volta il giudice. 
Grosso, calvo, glabro, roseo come un enorme bambino, il giudice è una figura inquietantissima. 
Parla come un profeta,  scrive appunti sul taccuino e conosce le rocce, le stelle, la fauna e la flora, forse le sacre scritture.  
E’ un personaggio dalla valenza simbolica, come lo sarà Chigurh in Non è un paese per vecchi
(come lo è Kurtz in Cuore di tenebra di Conrad)
E’ un uomo al di là di ogni morale, anzi, più propriamente  è l’incarnazione  dell’etica della guerra, dell’etica  della sopraffazione come forma di conoscenza e unica forma di reale esistenza nel mondo, mentre il resto è finzione, falsità, vuota e mera apparenza.
E’ il male cieco, assoluto, privo di motivazioni e di cause, l’essenza stessa della natura umana, quella che viene “mascherata” dal carnevale della civiltà. 
Dice il giudice: 
L’uomo che crede che i segreti del mondo resteranno nascosti per sempre vive nel mistero e nella paura. La superstizione lo trascinerà in basso. La pioggia eroderà gli atti della sua vita. Ma l’uomo che si assume il compito di individuare nell’arazzo il filo che tutto ordisce, in virtù di questa sola decisione si fa carico del mondo, ed è soltanto facendosene carico che egli può trovare il modo di dettare i termini del proprio destino. 
Non vedo cosa c’entri questo col fatto di catturare uccelli. 
La libertà degli uccelli è un insulto per me. Li metterei tutti negli zoo. 
Bell’inferno di zoo, sarebbe. 
Il giudice sorrise. Sì, disse. Proprio così.”

Il giudice e il ragazzo che diventerà  uomo  sopravvivendo alle risse, agli attacchi degli indiani, alla galera, alle ferite, sono i personaggi principali del romanzo. 
Ascoltami, amico, disse. Sul palcoscenico c'è posto per un animale, uno solo. Tutti gli altri sono destinati a una notte eterna e senza nome. Uno dopo l'altro si immergeranno nel buio davanti alle luci del palco. Orsi che danzano, orsi che non danzano.”

Un animale solo. 
La frontiera di McCarthy è questa: sopravvivere al male, o sprofondarvici fino al midollo.
Una visione cupissima dell’umanità, una visione che non offre consolazione, né risposte.
O forse  solo un piccolissimo barlume di speranza:  tra quelli che vagano in cerca di qualcosa e quelli che vagano ma non  cercano, qualcuno può fermarsi,  e può  accendere luci, far scintillare le pietre. 
E’ quello che  farà  il padre di Bell lo sceriffo in Non è un paese per vecchi,  scegliendo di allontanarsi dalla società e di non fare lo sceriffo, portando  la torcia e la luce, nel sogno.
E’  quello che farà il padre nel romanzo La strada, il padre portatore del fuoco: prendersi cura del figlio fino alle stremo delle forze.

Penso che McCarthy abbia un grandissimo debito nei confronti di Conrad. 
Kurtz di Cuore di tenebra è l'archetipo del giudice Holden. 
Anzi, tutto Meridiano di sangue mi ha ricordato Cuore di tenebra: il viaggio dentro l’orrore, la  forza potente e anche immaginifica della natura:
Rimase seduto a guardare il sole immergersi sibilando fra le onde. Il cavallo si stagliava scuro contro il cielo. I frangenti echeggiavano nel buio e la nera pelle del mare si gonfiava sotto il mosaico delle stelle e le lunghe onde pallide emergevano dalla notte e si rompevano lungo la spiaggia.
Si alzò e si voltò verso le luci della città. Le pozze lasciate dalla marea luccicavano come crogioli fra le rocce scure su cui si arrampicavano a ritroso i granchi fosforescenti. Incamminandosi nell'erba salata, si voltò a guardare. Il cavallo non si era mosso. La luce di una nave brillava a intermittenza fra i marosi. Il puledro stava appoggiato al cavallo con la testa abbassata, e il cavallo fissava luoghi inconoscibili all'uomo, là dove annegano le stelle e le balene traghettano le loro anime immense nel mare nero e sconfinato.”

Ma mentre in  Conrad  sussiste l’idea che la civiltà, pur essendo latrice di ingiustizia e sopraffazione possa in qualche modo proteggere l’uomo da se stesso,  per McCarthy  è nel gruppo che l’uomo rivela ancora di più la sua natura orribile: al ballo ne resterà uno solo. 
Dice il giudice:
Ti ho riconosciuto la prima volta che ti ho visto, eppure tu sei stato una delusione per me. Allora come adesso. Ma anche così, alla fine, ti ritrovo qui con me.
Il ragazzo diventato uomo non ha  imparato ad accendere i fuochi dalla pietra, e il giudice  “...  non morirà mai. Danza nella luce e nell'ombra, ed è il beniamino di tutti. Non dorme mai, il giudice. Danza, danza ancora. Dice che non morirà mai.

McCarthy è davvero il cantore del Buio.