Le modalità narrative di "Tutti i fuochi il fuoco" mi hanno ricordano moltissimo quelle della raccolta "Tanto amore per Glenda", dominata dalla fusione e dalla con-fusione tra passato e presente e luoghi distanti, tra sogno e realtà.
Però sono pochi i testi che svicolano dall’impressione del troppo costruito, del forzato, dell’esercizio di sperimentazione letteraria, in particolar modo l’artificio è evidente in quello che dà il titolo alla raccolta e in L’altro cielo, dove il lavoro di montaggio dei piani temporali diversi è troppo svelato e palese, dove la “finzione” è troppo evidente perché possa scattare una sorta di empatia emotiva, di stordimento, di sorpresa, di fascinazione che vada oltre quella del oh, ahh, ma che bravo a scrivere così e cosà.
Però sono pochi i testi che svicolano dall’impressione del troppo costruito, del forzato, dell’esercizio di sperimentazione letteraria, in particolar modo l’artificio è evidente in quello che dà il titolo alla raccolta e in L’altro cielo, dove il lavoro di montaggio dei piani temporali diversi è troppo svelato e palese, dove la “finzione” è troppo evidente perché possa scattare una sorta di empatia emotiva, di stordimento, di sorpresa, di fascinazione che vada oltre quella del oh, ahh, ma che bravo a scrivere così e cosà.
Ho trovato invece belli e suggestivi “Il sogno di un’isola” che racconta di un’anomala ossessione, e "L’autostrada del Sud".
A quest’ultimo si sono ispirati anche i registi Godard e Comencini.
Da una situazione apparentemente ordinaria - un cacchio di traffico sull’autostrada che fa avanzare la spianata di auto di mezzo centimetro al minuto e manco quello per ore e ore intere - si scivola in una sorta di orribile incubo, incastrati per un tempo indefinibile in un non-luogo.
Non un fine settimana, non un mese, ma intere stagioni durante le quali si alternano afa e neve sui tettucci delle auto che si trasformano in ospedali da campo, in alcove, in bare.
Un tempo e un luogo sospeso in cui l’uomo si riappropria di una socialità nuova e più profonda.
(non è possibile vivere da soli)
E quando l’incubo dell’ingorgo si scioglie e si scioglie la comunità coatta degli automobilisti, resta il rimpianto di aver perso qualcosa, qualcosa che non si potrà mai più riavere, mai più riprovare.
Solidarietà e amore, forse.
La capacità di riorganizzarsi, di soprav-vivere fuori dagli schemi, e l’insofferenza al contrario per tutto ciò che è norma.
Comunque.
Ho avuto un’illuminazione.
Una specie di bolla verde luminescente seguendo la quale sono– le rivelazioni e le gnosi sono universalmente valide solo per chi è stato illuminato - giunta alla percezione della verità.
Cortázar è un fama che vorrebbe essere disperatamente un cronopio.
(le Storie di cronopios e di famas sono la sua opera più bella)
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