mercoledì 14 agosto 2013

Una donna spezzata - Simone de Beauvoir

Una donna spezzata è il titolo del primo dei tre racconti che compongono il libro. 
Gli altri due sono L’età della discrezione e Monologo. 
Tre storie diverse, tre donne diverse: il filo rosso che le unisce è il tradimento , reale o avvertito come tale, che innesca una serie di rimurginazioni sul senso della propria identità, granitica veste che si sbriciola di fronte all’evento.
La protagonista del primo racconto, Monique, cornificata dal marito, incartandosi sempre più in tentativi fallimentari di recupero, vive anche l’abbandono. 
“Mi ha mentito!” 
Nel secondo racconto, è il figlio a “tradire” la madre, dinamica intellettuale sessantenne . 
“Ma questa volta sono indignata che non mi abbia tenuta al corrente dei suoi progetti. Indignata e preoccupata. “ 
Nel terzo racconto, uno stizzoso e acido monologo che dura una notte, la notte di capodanno, il “tradimento” della donna che narra era stato determinato dal suicidio della figlia, portandosi dietro una serie di drammatiche conseguenze. 
“ero pulita pura intransigente. Sono stata così fin dall’infanzia l’avevo nel sangue: non barare.”
Mi ha mentito. Mi ha ingannata. Ho sempre detto la verità. 

Sono queste le frasi che mi sono rimbalzate più e più volte nella mente. 
Cosa determina il fallimento, la sconfitta, lo spezzarsi di queste tre donne? 
E’ solo il comportamento “scellerato” degli altri, sono soltanto vittime, o anche carnefici di se stesse? 
Alla menzogna, all’assenza di verità, al “tradimento” da parte delle persone su cui avevano costruito la propria esistenza - il marito, il figlio che si voleva a propria immagine e somiglianza, la figlia che si suicida lasciando un biglietto con la richiesta di perdono rivolta al padre - si contrappone, ad accentuare il senso di disorientamento e di perdita, il percepire se stesse come assolutamente trasparenti, assolutamente esplicite, sincere, vere, autentiche. 
(Nude. Dunque indifese)

Mi è tornata in mente la questione della stanza della Woolf. 
Nessuno può bastarsi da solo (vabbuò, qualche eccezione c’è). 
Però un riparo dove “coprirsi”, una stanza in cui “nascondersi” di tanto in tanto, un luogo intimo e segreto e riservato in cui nessuno può avere accesso, ecco, quello davvero è necessario per poter da lì ripartire e ricostruirsi quando il resto della casa va in frantumi. 
Altrimenti non restano che i cocci e il proprio cadavere sotto i calcinacci.

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