“Sembra che abbia fatto un bel compitino, ma proprio un compitino”, mi ha detto un’amica a cui questo saggio di Nadia Fusini non è piaciuto molto.
Non condivido, non del tutto.
Ora sicuramente so qualcosa di più di Simon Weil, di Rachel Bespaloff (che non avevo mai sentito manco nominare), di Hanna Arendt, e anche di tutte le comparse e dei personaggi di sfondo (tra cui ad esempio la Némirovsky)
Ne so molto di più di quanto ne avrei potuto sapere se avessi spulciato una fredda pagina di Wikipedia o una pallosissima monografia di qualche professore sbrodolone.
Ecolalie, ecolalie, è una parola ripetuta nel testo della Fusini.
E’ un libro fitto fitto di rimandi, rimandi che svelano un’ “intelligenza” al femminile nell’interpretare e leggere il mondo e la storia.
Riporto, tra i tanti che ho segnato, un passo che non è “chiave”, che non spiega e non chiarisce il libro, eppure mi rimbomba in un’eco del tutto personale.
“E non è affatto superbia, il suo distacco, come molti sbagliando credono; Hannah è umile: Hannah ama il mondo, ha semmai un vero e proprio genio dell’amicizia. Ma così come l’intende lei, l’amicizia non è necessariamente intimità, è piuttosto il sentimento oggettivo di “fare un pezzo di strada insieme”. Nel pensiero, naturalmente.”
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