venerdì 18 ottobre 2013

L'ubicazione del bene - Giorgio Falco

Falco Giorgio
Pensavo che si trattasse di un romanzo, e invece è una raccolta di racconti. 
Pensavo che fosse un libro di impianto filosofico (quando si dice l’inganno del titolo), ragionamenti intorno all’idea di bene come cosa buona e giusta, e invece la narrazione ha un tono terrestre, quotidiano, e il bene è un bene materiale: una villetta ubicata a Cortesforza.

Un filo conduttore tra i racconti però c’è, ed è quel luogo. 
Non esiste, Cortesforza, borgo residenziale a qualche chilometro da Milano, eppure di Cortesforza sono piene le aree periferiche delle grandi e piccole città. 
Tutte le cose accadono entro venti chilometri. La distanza da casa al lavoro, da casa al supermercato. Venti chilometri. All’inizio lui pensa che quello spostamento sia un piccolo viaggio, dopo dieci ore di lavoro può ricomporre se stesso, ma al semaforo di Trezzano sul Naviglio lui fa parte di una promiscuità aggressiva, volgare, feroce nel cercare il proprio posto nel mondo, conta solo avanzare mezzo metro, allungare i radiatori accaldati per conquistare o difendere la posizione, una distesa di lamiera urlante, lo sbuffo bianco delle marmitte, le gocce cancerose che istillano, ancora prima della malattia, un amarognolo diffuso e incredulo, una distesa di lamiera parlante ora opaca ora illuminata da improvvise schegge di rosso, che tracimano dall’asfalto alle sponde del Naviglio Grande, fino all’acqua nera, che riflette.” 
(pari pari al ritorno a casa via tangenziale o circumvallazione esterna, anche se non ci sta il Naviglio e manco l’acqua nera)

La villetta con il giardinetto, la casarella dove vivere quieti gli anni della pensione se un figlio pazzo non ti porta un boa in casa, il nido dei freschi sposini o la casa dove accogliere l’uccellino degli sposini un poco sereticci, l’appartamento senza balconi, il casale da ristrutturare, il capannone diventano scatole di vetro dove vengono esposte le fratture, le crepe, le voragini della vita contemporanea: acredini e insoddisfazioni, incomprensioni e frustrazioni, perdite e smarrimenti, solitudini. 
Uammamà, e che tristess.

(I racconti sono scritti bene, il taglio e la prospettiva interessanti. La materia narrata, quella, ce l’ho sotto gli occhi e preferirei guardare altrove, è l’altrove che mi serve per non rischiare la neuro, ma tant’è, c’è a chi piace il coltello nella panza e si arricrea pure. 
Io no.)

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