sabato 14 settembre 2013

La schiuma dei giorni - Boris Vian

Vian Boris

Per entrare nel mondo di Vian e del suo romanzo occorre destrutturarsi. 
Rimuovere ogni “normale” concezione di spazio e di causa-effetto, per addentrarsi in una prospettiva apparentemente a-logica . 
Vian concepisce un mondo totalmente alieno, incuneato dentro un linguaggio che si muove per suggestioni. Associazioni di idee assolutamente stranianti. 
“un’uniforme e una catena che brillavano come nasi freddi”. 
“ imitando (…) il volo di un cucù di pastafrolla” .

A descriverlo con due parole lo definirei un romanzo floreale. 
Timido spunta, sboccia rigoglioso, impudico, e si ripiega su se stesso, appassendo e rinsecchendosi fino a cadere polverizzato. 
Non vi è assenza di storia, anzi. 
Ciccino suo, costruisce una storia che è vera perché l’ha scritta lui - Vian si dedica il libro “Per me, Ciccino mio” - e perché, al di là dei surrealismi, dice la verità . 
La schiuma dei giorni racconta la parabola di un amore. Anzi, di più d’uno, perché, per Vian , ciò che conta è l’amore in tutte le sue forme, anche in quella ossessiva di Chick il collezionista di cimeli.

L’inizio, le case e il paesaggio si dilatano a dismisura , le finestre accolgono due soli che illuminano le piastrelle e riverberano in gocce solide. L’ansia da innamoramento si materializza nelle cose, nel cibo, nella musica, nel piacere dell’invenzione (oh, il pianocktail, triste destino). 
Nicolas non si accontenta mica, vero cuoco- gourmet. Ma Chick e Alise, Colin e Chloè iniziano la strada di coppia seguendo traiettorie diverse, che terminano entrambe in un baratro doloroso. L’una vinta dalla malattia, evento naturale, fiore che distrugge fiori, la ninfea nel polmone. 
L’altra vinta dalla monomania, inaridita dall’ossessione per un “oggetto”. 
Che sia il collezionismo e il fanatismo verso l’eminenza culturale Jean- Sol Partre , è solo un dettaglio, non trascurabile, ma è un dettaglio. L’anarchismo di Vian non preserva alcun mito. 
E durante questo tempo, il tempo della malattia e della monomania, fiocca la critica alla società. Il formalismo della religione, il lavoro che soffoca e annichilisce l’uomo, la grettezza di medici e bottegai, la cecità del burocratichese e delle forze dell’ordine. 
E l’epilogo. Case che si rimpiccioliscono quasi fino ad implodere, cuori strappati, fiamme e fuoco, fossati che inghiottono anima e lacrime.

Tristissimo e bellissimo. 
Lo avrei apprezzato anche solo per il godimento prodotto dalle invenzioni linguistiche e dallo spirito anarchico, e invece mi è toccato pure emozionarmi.

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