Trilobiti è la raccolta degli unici 12 racconti di un giovane scrittore americano morto suicida.
I protagonisti sono minatori, contadini, benzinai, gente che si arrangia come può: è il proletariato di un’America non lontana dalle grandi città moderne e vivaci, ma rinchiusa tra le montagne, per molti versi ancora arcaica; i personaggi sembrano bloccati in una sorta di incapacità di movimento, di mutazione, di evoluzione.
Quasi vivono con rassegnazione il loro destino immutabile: sono inselvatichiti, anzi selvatici , selvaggi e primordiali nelle azioni – la caccia, lo sventramento delle prede, la lotta, la violenza verbale nei pochi radi discorsi – o restano incastrati nel ricordo di qualcuno o di qualcosa, incatenati ad un momento del passato.
“Sento che la mia paura si allontana in cerchi concentrici attraverso il tempo, per un milione di anni”.
Trilobiti viventi.
Le notizie biografiche su Pancake, i lati ombrosi del suo carattere, il suicidio a 26 anni, sono tali che, inevitabilmente, attorno all’autore e al suo libro si sia costruito una sorta di culto.
(il culto del rimpianto, il manifesto della disperazione)
A me, la verità, l’opera prima e unica di Pancake non sembra il capolavoro acclamato da molti.
Tra tutti, solo alcuni racconti mi sono piaciuti davvero – Una stanza per sempre, L’attaccabrighe, La mia salvezza.
Ho sentito l’odore di troppo acerbo, come sentieri appena tracciati: racconti di legno verde.
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