martedì 3 settembre 2013

La casa dei normali - Francesco Manarini

SantaWikipedia dice che “Per distopia (o antiutopia, pseudo-utopia, utopia negativa o cacotopia) s'intende una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista. Il termine, da pronunciarsi "distopìa", è stato coniato come opposto di utopia ed è soprattutto utilizzato in riferimento alla rappresentazione di una società fittizia (spesso ambientata in un futuro prossimo) nella quale le tendenze sociali sono portate a estremi apocalittici.”

“La casa dei normali” è un libro iperdistopico. 
Fondato su una struttura esclusivamente dialogica, priva di qualunque pausa descrittiva, mette in scena la vita quotidiana della famiglia Rovato. 
Madre, padre, due figli, abitanti in una zona geograficamente identificabile come Padania centrale, i Rovato sono una famiglia normale. 
Si salutano tra moglie e marito con bacio bacio, i figli litigano per chi debba vedere la tv, a scuola ci sono le solite sbullonate tra ggiovini, la madre risponde al telefono e apre la porta che il resto della famiglia si rompe di alzarsi dal divano. 
Cose normali, insomma.
Solo che un domani normale dominato ancora di più dal mercato e dalla pubblicità, anche i nomi di battesimo si possono cambiare previa domanda e accettazione dello sponsor, sicchè la signora Sara, come già han fatto i suoi figlioli (i gggiovani anche nel futuro sono sempre avanti) fa la richiesta e prende Reebook come nome, anche se la forza dell’abitudine le costerà cara e amara. 
In un domani normale dominato dalla forma piuttosto che dalla sostanza l’informazione è globale, ma su canale unico, le elezioni si svolgono in modo rapido e indolore attraverso gli sms, le ronde hanno mandato di sparare a vista per legittima difesa contro rumeni, slavi, calabresi , marocchini, cingalesi, senegalesi, siciliani, ucraini. 
(urca, sarei salva! Terrona ma non abbastanza) 
Quello che atterra di più, è che la famiglia Rovato e contorni sono perfettamente integrati, e direi felici, se non fosse che anche ai normali manca sempre qualcosa e per loro c’è sempre qualche rogna, come ad esempio una salatissima sanzione per mancata ostensione del crocifisso in cucina.

Un libro che inquieta, insomma, perché i germi del possibile domani sono tutti nel presente, a partire dal linguaggio sincopato e stereotipato, gallo piuttosto che fico, ma assai simile allo slang che si usa su feisbucc tra i tredicenni di adesso. 
(una chicca l’incapacità di Rolex nel riuscire a pronunciare una parola fuori dall’ordinario, intratimpaniche)
Melma suina, mi verrebbe da dire, ma non lo dico per resistenza, io che non sono affatto una inguaribile ottimista ma sotto sotto spero in un futuro migliore dove la ragione possa prevalere sull’ignoranza, la giustizia imporsi sull’illegalità e la sopraffazione, eccetera eccetera, già adesso tengo normalmente i capelli appizzati e lo stomaco perforato, non ho altro da fare che cercarmi un pizzo di montagna , un faro, un atollo, un eremo di clausura – ammesso che ce ne sia ancora qualcuno - dove trascorrere la vecchiaia.

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